Quante volte parliamo prima di pensare ciò che enunciamo? Ciò dipende sia da noi ovviamente ma da altri fattori non così facilmente riconoscibili. Sono interessato veramente all'argomento e chi sono i miei interlocutori che ho davanti? Leggo sporadicamente e in modo superficiale o sono un lettore abituale e se lo sono quali sono le letture a cui pongo interesse?
Ho avuto il privilegio di una lettura di Immanuel Kant sul tema dell'educazione. Nel suo idealismo critico egli elogiava la propria indipendenza e autonomia da chiunque e da qualsiasi istituzione, attraverso l'educazione del proprio intelletto. Il nucleo centrale della filosofia di Kant è l'affermazione che: " il contenuto della conoscenza umana ..
Ha avuto inizio a partire dal Rinascimento con le diverse "scienze" in fermento dopo secoli di cupidigia segnato unicamente dal nucleo spirituale del mondo tardo-medioevale. Per il resto in quel periodo medioevale che ebbe il suo tramonto a partire dalle colonizzazioni di nuove terre e culture, rimangono ben pochi ricordi validi da definire come positivi.
Per secoli la società occidentale si è retta su dei pilastri solidi e improntati sulla credenza di una stato-chiesa, che avendo in suo potere sia il controllo come anche le anime dei cittadini/fedeli, non permetteva altra forma di pensiero o soluzione.
Vigiliamo sulla poca propaganda per questioni in apparenza poco rilevanti come il cambio climatico, la crisi economica, le guerre dimenticate, il dominio del capitale sulle nazioni e altro che a fiumi invadano le nostre case dai media più svariati, sotto forma di notizie o informazioni prive di vere riflessioni.
Nella vita bisogna sapere prendere i cosiddetti"attimi sfuggenti" di felicità, senza remore e dubbi. Nell'istante in cui si vivono questi momenti spensierati, la mente razionale è inattiva perchè la nostra parte più profonda quella meno esplorata gode a pieno ogni istante centillando ogni frazione e nutrendosi in una gaiezza sconosciuta al mondo razionale.
Va subito detto che questo scritto è anzitutto una sfida al al buon senso del lettore e di molto già scritto in ambito politico. (Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.): Demagogia è un termine di origine greca (composto di demos, "popolo", e ago, "conduco / trascino") che indica un comportamento politico incline ad assecondare le aspettative della gente, sulla base della percezione delle loro necessità.
01/11/2008
Quante volte parliamo prima di pensare ciò che enunciamo? Ciò dipende sia da noi ovviamente ma da altri fattori non così facilmente riconoscibili. Sono interessato veramente all'argomento e chi sono i miei interlocutori che ho davanti? Leggo sporadicamente e in modo superficiale o sono un lettore abituale e se lo sono quali sono le letture a cui pongo interesse? Amo la riflessione, credo nella spiritualità sono religioso e credo seriamente nella razionalita oppure dedico il mio tempo quasi esclusivamente in attività materiali come l'accumulare denaro o sognando di possedere sempre più beni? L'elenco è lungo di tutte le possibili varianti della personalità di chi parla e lo è anche chi ascolta. Infatti l'interpretazione varia seguendo anch'essa innumerevoli e possibili risultati. Il mio intento è di spiegare il perchè parliamo spesso senza pensare e non di scrivere senza dire nulla di valido. Anzi ingarbugliando troppo il discorso chi legge molla tutto per mancanza di comprensione dato che ancora non ho detto niente di comprensibile. Infatti si può scrivere senza dire niente e rinunciare allo scrivere dicendo molte cose interessanti. La scrittura non è l'apice della cultura bensì una limitatezza del non espresso. Sono i silenzi direbbe il filosofo i momenti più importanti in cui vengono espresse tramite altri linguaggi il nostro reale pensiero. Così oserei dire sia la scrittura quanto il parlare essendo limitati sia nella mancanza di vocaboli appropriati come anche alla ricezione, spesso non corrispondono alla verità che vorremmo trasmettere. Ben più indicativi sono il linguaggio dei sensi che uniti al corpo esprimono lo stato d'animo e l'interiore offuscato dall'involucro che ci protegge chiamato corpo. In altre parole spero semplici, tutta la mia scrittura degli ultimi sei anni pubblicata e da pochi interessati letta non descrivono realmente il mio pensiero e tanto meno la mia natura. Sono solo strumenti concluderei dicendo, e utensili come il parlare alla ricerca di approvazione, comprensione e in fine ultimo comunicazione con altri spiriti simili. La ricerca fino ad'oggi è stata a parte qualche eccezione invana e deludente. Sono stato ignorato, criticato o in segreto approvato ma non corrisposto come avrei desiderato. Muovendomi in campi sconosciuti e non sufficientemente compresi il mio compito di divulgazione sulla mia "filosofia" sarebbe al capolinea? Assolutamente no!!! Anzi nel mio profondo mi sento incompiuto per non avere trovato niente di originale o che non sia stato mai detto prima. Mettendomi alla pari con i mostri sacri del pensiero avrei peccato di superbia e irresponsabile sfrontatezza, finendo in un labirinto di pensieri che o risultavano ripetitivi o venivano influenzati dalle mancate pubblicazione su di un giornale locale per italiani immigrati in Svizzera. Non è stato un tentativo fallito pur avendo allontanato alcune conoscenze che la pensavano diversamente o non pensavano niente e non capivano cosa volessi comunicare. Il fallimento è tale se dal proprio nasce questo dubbio e in seguito certezza. Se poi il mondo esterno fatto di persone e eventi determinano la mia sorte di scrittore letto o ignorato, dovrei concludere che il fallimento è stato totale. Ma essendo il mio passatempo preferito (la scrittura) un arricchimento costante del mio intelletto sono molto felice dei traguardi raggiunti in questi anni. La mia ombra del dubbio non prevale sulla mia aurea di convinzione che alimenta in ogni istante la mia sete di conoscenza. Se poi la memoria è a volte ingannevole e ingiusta con me, questo dipende dal mio interiore che prevale sempre più sulla mia presunta volontà. Da questo estratto centellinato del mio pensiero mio congedo ringraziando la mia indole e capacità di avvicinarmi il più possibile alla verità sul mio pensiero che dire non sò. ▲
07/09/2008
Ho avuto il privilegio di una lettura di Immanuel Kant sul tema dell'educazione. Nel suo idealismo critico egli elogiava la propria indipendenza e autonomia da chiunque e da qualsiasi istituzione, attraverso l'educazione del proprio intelletto. Il nucleo centrale della filosofia di Kant è l'affermazione che: " il contenuto della conoscenza umana non può corrispondere alle cose come sono in se stesse. Il contenuto della coscienza non permette di conoscere le cose in modo che corrispondano alla realtà, poiché la coscienza opera sulla realtà un processo di mediazione e tale mediazione impedisce necessariamente l'accesso alla fonte autentica della realtà".
Immanuel Kant (1724-1804)La mente, in sostanza, opera sulla realtà in sé una serie di interpretazioni secondo le proprie caratteristiche, una serie di interpretazioni che si pongono nel momento stesso in cui ci si accinge a pensare. Tali interpretazioni impediscono di fatto di attingere alla reale conoscenza della realtà. Dunque il sapere rende liberi non tanto come processo di dominio sulle cose del mondo e sulle persone, ma sulla propria educazione e dei sui limiti. In quanto come dice il filosofo da altre considerazioni non qui riportate, il nostro indagare nel corso dei secoli tramite la scienza sulla natura non ha fatto altro che porre dei valori a noi congeniali e accettabili che permettessero di stabilire un "nostro" ordine delle cose. In sostanza sia il tempo come lo spazio cui noi abbiamo etichettato delle unita, altro non sono che dei concetti nostri che poco hanno in comune con i soggetti in sè. La modernità ha avuto inizio attraverso anche questo grande pensatore e filosofo, che diede il giusto peso al ragionamento razionale e non più vincolato dai dogmi della religione per esempio, o delle tradizioni tramandate nei secoli. Vi era la necessità di voltare pagina per accogliere il nuovo che avanzava, e occorrevano delle guide spirituali e morali che indicassero il nuovo corso. Non tutto filò così liscio, e non tutti gli insegnamenti dei grandi pensatori vengono metabolizzati nel verso giusto o inteso all'origine. Quando Kant parla di una propria indipendenza egli intende un nostro sforzo personale di indagine e riflessione non tanto a livello scientifico, bensì di un individuale progetto di analisi sul mondo. A partire dalle cose che ci circondano, le persone e la società. Tutto questo implica una spinta interiore accompagnata oltre che dalla lettura e al viaggiare conoscendo luoghi e personaggi diversi, anche ad una vera e passionevole curiosità per il nuovo. Infatti solo lasciando alle spalle il già vissuto (dopo averne fatto tesoro), possiamo aprire la mente a nuovi orizzonti e idee.
Come in altre epoche passate ogni progresso sia scientifico che sociale hanno un giudizio sia morale, economico oltre che estetico e artistico. Quale di questi giudizi debba prevalere nel cosiddetto progresso è soggettivo e incline al pregiudizio. Ciò che è appurato come risultato globale di un giudizio inteso come equo, è un regresso di altre componenti che formano l'epoca interessata. Come esempio plausibile alla comprensione del mio discorso, la nostra attuale società moderna è molto progredita per quanto riguarda i beni di consumo, la sicurezza sociale, la medicina e lo sviluppo tecnologico. Allo stesso tempo vi è stato un evidente regresso nei rapporti sociali. Il prossimo ci è sempre più estraneo e spesso anche il rapporto famigliare mostra le sue crepe. Ciò significa che siamo guidati dai valori morali imposti dal progresso. Un tempo era compito della chiesa indicare l'etica da seguire, e oltre al timore di Dio e i vari dogmi che modellavano l'intera società il singolo era chiuso nella sua ignoranza e limitata azione di agire. Oggi che vi sarebbero tutti gli strumenti per rendere più libera dai legami arcaici, le nuove divinità sostituendo quelle del passato impongono di nuovi significati la vita. L'importante in questo gioco della vita è, il superamento di ogni istituzione organizzata a lavarci il cervello con mete che hanno al centro l'avere e il possesso. Ogni cosa conquistata nel mondo materiale è destinata a soccombere da nuove mete sempre più esigenti. L'unica vera libertà che nessuno e sottolineo nessuno, potrà mai sottrarci è la propria conoscenza tramite lo studio e l'esperienza. A patto che siamo in grado di fare fruttare al meglio il raccolto seminato in tanti anni di viaggi nella propria ricerca interiore. ▲
04/08/2008
Ha avuto inizio a partire dal Rinascimento con le diverse "scienze" in fermento dopo secoli di cupidigia segnato unicamente dal nucleo spirituale del mondo tardo-medioevale. Per il resto in quel periodo medioevale che ebbe il suo tramonto a partire dalle colonizzazioni di nuove terre e culture, rimangono ben pochi ricordi validi da definire come positivi. Studiando invece a fondo quel periodo e superando i luoghi comuni sul medioevo molti semi conoscitivi di uomini coraggiosi vennero piantati. Solo nell'epoca successiva però avrebbe avuto inizio il raccolto in termini di scoperte e mutamenti sociali e culturali che hanno inesorabilmente tracciato un solco inarrestabile che diede luce alla nostra epoca moderna.
Senza entrare in dispute storiche o scientifiche che non mi competono, mi preme descrivere il cambiamento sociale e individuale che a partire dal XVII secolo ha mutato radicalmente sia il nostro stile di vita, il modo di pensare come del lento ma inesorabile degrado delle nostre volontà sempre più confuse e indecise sul proprio esito da compiere. Dopo secoli di dominio dei valori morali dettati dalla chiesa che avendo oscurato sia il nostro giudizio critico come anche occultato e frenato lo sviluppo della conoscenza, finalmente molte oppressioni seppure seguite da feroci lotte di contrasto vennero abolite o perlomeno alleviate. Uno degli eventi storici per antonomasiaè senz'altro la rivoluzione francese. Essa segna il limite tra l'età moderna e l'età contemporanea nella storiografia francese ed'Europea. Una delle innovazioni fu l'abolizione della monarchia assoluta e la proclamazione della repubblica, con l'eliminazione delle basi economiche e sociali dell'Ancien régime. La rivoluzione francese e quella americana ispirarono le rivoluzioni a connotazione borghese che seguirono nel XIX secolo. Nel parlare comune, i termini borghesia e proletariato si riferiscono più in generale ai concetti di ricco e povero e non, più specificamente, a possessore o non possessore di mezzi di produzione. Oggi questi due termini potrebbero venire sostituiti dai termini "capitalista" e "consumatore". Io da spirito libero quale mi ritengo, non accettando nessuna forma di abuso e oppressione, digerisco male queste definizioni. Le ritengo limitative, fittizie e manipolatrici da parte di chi detiene il potere. Per definire meglio il risultato di oltre due secoli di modernizzazione materiale e conoscitiva che ha significato principalmente uno stato di benessere generale, per gli entusiasmi per i progressi tecnico-scientifici e le teorie evoluzionistiche di Charles Darwin, sbocciando ed identificandosi compiutamente nel '900, anche sotto il profilo terminologico, in quella tecnocrazia che si è candidata verso la fine del secondo millennio ed è tuttora candidata come migliore o più funzionale forma di governo.
Alla base di tale candidatura, i tecnocrati pongono le considerazioni sviluppate partendo dal presupposto che ciascun uomo punti all'innalzamento ed al miglioramento del proprio tenore di vita. Ben presto seppure ignorato dalle masse, il nuovo potere essendo del tutto irreligioso e amorale tende ad una società di consumatori e basta. l'effettiva nuova e definitiva rivoluzione neocapitalistica propone in nome dell'edonismo consumistico e della cultura di massa (vengono così distrutti i valori popolari e umanistici); quindi in politica e in economia, il nuovo fascismo tecnocratico. Come esempio potrei nominare come in molte zone rurali lo sviluppo dell'agriturismo si è sviluppato come cospicuo guadagno, pur avendo le genti perso quasi completamente i valori popolari che animavano quello stile di vita. Sa tutto così di antico e avvizzito che dopo qualche illusorio giorno trascorso in quei luoghi nostalgici, sentiamo l'ineffrenabile desiderio di rientrare nei nostri centri urbani. Lontani dai nostri palmari, cellulari, televisori e computer il mondo ci sembra sempre più irreale.
Come ribellione silenziosa di massa vi sono diverse forme di disubbidienza civile molto in voga in questi ultimi decenni. Dal 68 in poi tramite la musica e i suoi culti mitologici prima i giovani (oggi 50enni) e oggi i nuovi giovani con l'unico mito chiamato "eccesso", la droga diventa fenomeno di massa e Pasolini osservava che chi si droga lo fa per mancanza di cultura, per riempire un vuoto esistenziale, per un generale senso di "paura del futuro". È davvero così? Occupandosi del fenomeno dei "capelloni" ricordo che nei primi tempi in cui comparvero, cioè ancor prima della contestazione del '68, poteva essere un fenomeno tutto sommato positivo, di silenziosa e anarchica protesta contro la società del benessere. In seguito capelloni sono diventati tutti, così che non si distinguono più i veri trasgressori dai comuni agnelli che seguono il greggio.
"Progresso" è secondo il modo di pensare comune da tutti accettato un mondo a misura d'uomo, che rispetti tutti i valori culturali che rendono la vita basata non solo sull'utile ma anche sul bello. "Sviluppo" è invece l'industrializzazione totale del mondo, voluta dai cinici produttori di beni superflui e dagli inconsapevoli, ma non meno trionfanti, consumatori. Il "progresso" resta un ideale astratto, perché tutti quanti vivono esistenzialmente come consumatori. La verità è che noi vediamo ciò che altri occhi o strumenti vogliono farci vedere, convincendoci che siamo noi a decidere e operare le scelte. Ascoltando giornalmente gli stessi martellanti slogan dai vari media, le opinioni politiche uniformate in nome di una democrazia mascherata di fasulli ideali monopolizzata da chi guida i fili delle nostre decisioni, la lotta all'originalità continua senza titubànza con il proprio esempio su di uno stile di vita in prevalenza imposto. È quello spazio inesplorato in qualche parte della mente, impenetrabile alle imbecillità che io chiamo volontà che deve perservarsi. Sempre più il cosidetto Grande Fratello tramite i congegni di controllo (video, telefoni, computer, carte di credito) dai vertici del potere, vigila dall'alto del potere economico, onnisciente e infallibile. Sotto di lui c'è il potere politico, quello esterno e la gran massa dei sudditi.
Ricordo una frase di Fromm, se non mi sbaglio in "Psicanalisi dell'amore". Egli si chiedeva se era più libero il carcerato o il suo guardiano, concludendo che entrambi erano prigionieri di un "meccanismo" che non permette all'uomo di raggiungere il suo vero fine, coltivare la propria umanità. Quello che io temo non sono tanto le tecnologie, bensì la folla. Questa massa di persone omologate, istigate a comando a scatenare gli istinti violenti nel corso delle sessioni appositamente inscenate nelle aziende enormi e spersonalizzate, che si comportano tutte allo stesso modo, che accettano tutte con passiva convinzione l'ideologia imposta dal sistema. E non c'è ribellione, non c'è resistenza: a ribellarsi sono alcuni singoli, smarriti nella marea degli omologati, e per questo condannati sin dall'inizio.
In quest'ottica, credo che l'impoverimento del linguaggio a cui assistiamo attualmente sia preoccupante. Che cosa ne pensate della scomparsa del congiuntivo dalla televisione? Nelle lingue germaniche, il congiuntivo ha un ruolo in cui esprime soprattutto desideri, richieste e scopi. Il mio scopo scrivendo questo breve testo è di "avvelenarvi" un pochino l'anima, e che per questo non posso essere messo da parte senza ragionarci un pochino. La passività con cui la cittadinanza accetta come "verità" qualcosa che sa benissimo non essere vera; e la presenza di un vero e proprio "ministero" dell'informazione che invade il globo con informazioni "fasulle" e taroccate a secondo della direzione che si vuole indicare nel pensiero comune. Contribuendo così alla creazione di un mondo fasullo a cui anche gli stessi membri della classe al potere non possono fare a meno di credere. Non sono le macchine o il progresso i reponsabili di questa decadenza epocale bensì la morte della riflessione personale. Molte ricette di sopravivenza sono state pubblicate da me negli ultimi anni, e per coloro che mi seguono vorrei risparmiare la solita frase del filosofo che soggiorna in me. È già tutto scritto e rimane unicamente una cosa da fare. Agire utilizzando ogni tecnilogia disponibile in base alle nostre reali esigenze, e non dettate dal mercato che fluttua ad ogni battito di ciglia. ▲
07/06/2008
Per secoli la società occidentale si è retta su dei pilastri solidi e improntati sulla credenza di una stato-chiesa, che avendo in suo potere sia il controllo come anche le anime dei cittadini/fedeli, non permetteva altra forma di pensiero o soluzione. Con lo sviluppo rinascimentale che aveva come base le scienze umanistiche, in seguito nel corso dei secoli si passò non tanto a violentare la natura, bensì nel trasformarla in accordanza con le sue proprie leggi. Con Martin Lutero venne istituito, nell'Europa settentrionale, una forma patriarcale di cristianesimo la cui base era rappresentata dalla classe media urbana e dai principi secolari. Con la sottomissione all'autorità patriarcale, l'essenza di questo nuovo carattere sociale, fù il lavoro ad'affermarsi come uno dei possibile mezzi per assicurarsi amore e approvazione.
Erich Fromm chiama questa forma religiosa: "religione industriale". Essa ha le sue radici nella struttura caratteriale della società moderna. Essendo in contraddizione con il cristianesimo genuino, questa moderna religione, riduce gli esseri umani a servi dell'economia e del meccanismo che hanno costruito. La sacralita è rappresentata dal lavoro, la proprietà, il profitto e il potere che hanno come perno il timore dell'autorità. Un sicuro pregio pur nei sui limiti generali questa religione li ha e sono l'individualismo e la libertà.
Per ottenere successo bisogna vendere se stessi sul mercato, imponendo la propria personalità. Essere cordiali, forti, aggressivi, attendibili e ambiziosi sono considerate le chiavi per un esito sicuro. Non è però sufficiente avere un bagaglio pieno di tutte le qualità sopra elencate. Bisogna anche essere capaci di vincere nella gara con gli altri ovvero la concorrenza. Cioè tutto dipende da come riusciamo a vendere la nostra personalità, sperimentando noi stessi come una merce. Il pericolo maggiore cui stiamo andando incontro è quello che seguendo questa tendenza, per l' individuo non è più primaria la sua vita e felicità, quanto della sua capacità di risultare vendibile. Assistiamo sempre più ad una mancanza dell 'io a scapito dell 'apparenza e desiderabilita sul mercato del lavoro e sociale.
Questa struttura caratteriale da mercante si riscontra nelle persone prive di mete, che non siano quelle di agire, razionalizzando ogni loro respiro, con scarso interesse per le questioni filosofiche o religiose. Questo nostro io è sempre più collettivo o per usare un termine in voga "globale". In questi tempi di globalizzazione e di globalizzazioni riscontriamo un paradosso: tutto è globale tranne l'uomo. Manca cioè un disegno nuovo, globale, sull'uomo. È venuto a mancare il sè, un nucleo, un sentimento di identità. Come strumenti privi di un sè preoccupati alle partecipazioni aziendali, piuttosto che nel mutuo da pagare o ad'altre enormi burocrazie.
Mi spiego anche la scarsità di lettori che usano la vostra rubrica"scrive chi legge" per porre delle domande, esporre le proprie idee su di un argomento ecc.. Il carattere "mercantile" non conosce nè amore nè odio. Sono emozioni ormai fuori moda non più integrabile per avere successo. Altra prova di questa mia teoria sulla religione moderna è il disinteresse per gli altri e l'ambiente, pericoli inerenti alle catastrofi ecologiche, benchè siamo in possesso di tutte le informazioni e strumenti per cambiare il nostro stile di vita.
Mancando sempre più il legame emozionale con il prossimo e cercando rifugio nelle cose purtroppo fittizie, viene a mancare il succo della passione vera per la vita. Non siamo forse all'altezza delle cose buone che esistono nei nostri animi? In effetti le cose buone ci dispiacciono, quando non ne siamo meritevoli. È così che veniamo attratti dalle bruttezze del mondo piuttosto che all'amore ben più diffuso e meno propagandato dai media attuali. Spetta a noi gente della strada, rimboccarci le maniche e seminare benessere spirituale, tramite le buone azioni, serietà, onestà e generosità sopratutto con lo sconosciuto. In quest’epoca è di moda il "buonismo". Con tale termine s’intende quell’atteggiamento in forza del quale si deve necessariamente essere misericordiosi nei confronti di tutti indistintamente, senza badare all’atteggiamento interiore. Se qualcuno non si uniforma viene tacciato d’essere un cattivo cristiano o un insensibile ai valori umani!
Che fossimo insomma sul punto di diventare dei, superuomini capaci di creare un mondo secondo, servendoci del mondo naturale solamente per edificare gli spazi e i contenuti del mondo nuovo. Ecco cosa ci illude la religione moderna in questa nostra epoca. La trinità costituita da produzione illimitata, assoluta libertà e felicità senza restrizioni, costituisce il nucleo di una nuova religione, quella del Progresso: una nuova Città Terrena del Progresso si sarebbe sostituita alla Città di Dio. Non può sorprendere che questa nuova religione abbia insufflato di tanta energia, vitalità e speranze nei suoi fedeli". "Lo sviluppo del sistema economico in questione non viene condizionato dalla domanda che cosa è bene per l'uomo, bensì dalla domanda che cosa è bene per lo sviluppo del sistema".
Un aforsimo del filosofo da me più amato enuncia la seguente verità: "Quelli che creano e quelli che consumano. Ogni consumatore crede che l'albero sia dipeso dal frutto, mentre esso è dipeso dal seme. In ciò sta la differenza fra tutti quelli che creano e tutti quelli che consumano." È l'eterna vitalità che conta coltivare, anzichè l'avidità per la vita! ▲
22/05/2008
Vigiliamo sulla poca propaganda per questioni in apparenza poco rilevanti come il cambio climatico, la crisi economica, le guerre dimenticate, il dominio del capitale sulle nazioni e altro che a fiumi invadano le nostre case dai media più svariati, sotto forma di notizie o informazioni prive di vere riflessioni. Vigiliamo anche sui molti commenti che imprecano le persone comuni sulle questioni quotidiane, che sono per quanto non si voglia crederlo positive e rassicuranti e piene di speranza. Ascoltando le due voci, quelle comuni dei media e più personali delle persone si nota la differenza di quanto siano distanti le due realtà. Anche se tendenzialmente emuliamo il mondo presentato da personaggi appariscenti e famosi, assorbiamo e a volte imitiamo le vicende più negative o i fatti di tensione, credendo che per sopravvivere essendo il mondo quello presentatoci, dobbiamo diventare tutti sospettosi ed egoisti. Le notizie di amore e pace che fanno anche esse parte della vita hanno meno mercato e attenzione purtroppo. Cosa insegna a noi servitori e schiavi delle apparenze, questa epoca? Unicamente una sola prospettiva valida per elevarsi ad essere coscienti e vivi, che corrisponde all'impegno massimo delle proprie forze nella passione della conoscenza. Non è la bontà dei propri sforzi personali dettati da frivole speranze che il mondo possa mutare, a rafforzare la notra volontà. Tantomeno la durezza di carattere che tramite l'indifferenza regnante partecipa al degrado generale, segnando la nostra epoca come cupa e priva di nuovi slanci culturali. L'arte, la musica e molte attività tipiche dell'uomo rinascimentale oltre alla genialità di molti personaggi di quell'epoca che segnaro un periodo tra i più fertili vissuti dall'umanità, sono in uno stato di decadenza. Non è più l'uomo al centro dello sviluppo ma unicamente la struttura sociale che detta i passi da seguire, le mode da emulare, i pensieri da assorbire e la propria volontà sempre meno protagonista della propria scena. Tutto questo viene spontaneo chiedersi, quale futuro e scenario offrirà alle prossime generazioni? Seguire il progresso personale fatto di introverse riflessioni, prezzi da pagare sotto forma di isolamento intellettuale dato dalla mancanza di dialogo con dei propri simili? L'alternativa è l'assimiliazione a tutto ciò che la produzione di merci e idee propone nel nome del nuovo dio denaro. La perdità in valori faticosamente accumulata nel corso delle varie epoche proposte da personaggi fantastici come esploratori, inventori, uomini di fede e studiosi, ricercatori, compositori, artisti, musicisti, artigiani ed'altri uomini impegnati nella loro arte, sarà irrecuperabile come testimonianza diretta e forse solo i libri o internet o altre nuove forme di ricevitori e accumulatori di dati avranno l'intera sapienza costruita nelle varie epoche. Noi saremo sempre più spettatori o clienti pronti al nuovo acquisto. La mia crociata contro questo destino sarà l'eredità o il mio dono a chi mi ha seguito e conosciuto o letto. Pochi ma buoni disse il filosofo riferendosi ai propri seguaci. ▲
30/04/2008
Nella vita bisogna sapere prendere i cosiddetti"attimi sfuggenti" di felicità, senza remore e dubbi. Nell'istante in cui si vivono questi momenti spensierati, la mente razionale è inattiva perchè la nostra parte più profonda quella meno esplorata gode a pieno ogni istante centillando ogni frazione e nutrendosi in una gaiezza sconosciuta al mondo razionale. È questa la ragione della nostra dimenticanza di quegli istanti? Non sarebbe auspicabile credere che senza i momenti di cupidigia, che giornalmente altri esseri esprimono con la loro superficiale visione della vita, la ricerca interiore avrebbe meno valore? Essa è la mia guida ovunque e in ogni istante. È il mondo che viene a me e non viceversa come invece la leggerezza dei sentimenti dominanti insegnano in questa epoca di vuoti e silenzi tra noi simili. Il paradosso sono le tecnologie che avanzano inesorabili, unite al benessere offerto e disponibile a tutti coloro che hanno il privilegio di vivere nella parte nord del pianeta. In questo lungo periodo di pace in effetti l'egosimo ha sostituito la solidarietà, e l'unica unione che ancora sentiamo è forse nelle manifestazioni sportive o in occasioni di proteste sociali che hanno come scopo un miglioramento delle nostre condizioni economiche. La mia felicità consiste nel vivere al meglio ogni periodo della mia vita come se fosse il migliore. Vale per la visione di vita la metafora delle stagioni che rappresentano le varie epoche dell'esistenza. Non mi sento formichina dato che non accumulo pensando alla vecchiaia, senza per questo sprecare i miei guadagni in desideri effimeri o di semplice consumo. Non mi sento leone vivendo i modo troppo adagiata per potere affrontare difficoltà o situazioni di pericolo a me sconosciuti. Non mi sento saggio avendo seguito un percorso di vita improntato sulla carriera personale e capito spesso male i libri letti. Tantomeno cammello mi sento, avendo improntato le mie conoscenze sul rispetto reciproco e educato a chi mi conosce, di sapere accettare i miei doni fatti di sincera amicizia e serietà nell'agire come nel pensare. La mia felicità si esprime nell'amare veramente sia la mia famiglia, come in modo ovviamente diverso i miei colleghi, amici e chiunque circondi la mia esistenza. Nel modo più semplice che non dovrei neanche esprimere in parole per quanto scontato sia. La disponibilità ad'aiutare tramite azioni semplici ma spontanea, il vicino di casa, l'amico. Il coraggio di esprimere le proprie opinioni o addirittura di scriverle rendendo pubblici a tutti senza timore di sbagliare o venire criticati. Essere ciò che siamo e riuscire ad esprimerlo è la mia felicità. ▲
21/03/2008
Va subito detto che questo scritto è anzitutto una sfida al al buon senso del lettore e di molto già scritto in ambito politico. (Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.): Demagogia è un termine di origine greca (composto di demos, "popolo", e ago, "conduco / trascino") che indica un comportamento politico incline ad assecondare le aspettative della gente, sulla base della percezione delle loro necessità. Di frequente uso nel dizionario politico, con accezione dispregiativa indica il comportamento di colui che utilizza frasi retoriche ed esprime promesse inconsistenti per accaparrarsi il favore dell'elettorato, facendo spesso leva su sentimenti irrazionali, ed alimentando la paura o l'odio nei confronti del nemico o dell'avversario politico. In altri termini, la demagogia è l'attività del politico che, in vista del proprio favore, spinge il popolo a fare qualcosa contro il suo stesso interesse, sviando la percezione delle necessità reali. Platone come anche Aristotele indicavano la demagogia come una forma di governo che deriva dalla degenerazione della democrazia e che sarebbe preludio della tirannide o dell'anarchia. Fine citazione. Scriverò su temi che dovrei approfondire di più come la politica e la società, ma leggendo quotidianamente molteplici opinioni sui due temi sopra indicati, credo che questa voce di chi legge senza pretese non guasti. Non volendo rappresentare altri "non adetti" inizierò dicendo che la politica è debole per quanto riguarda la fiducia dei cittadini, debole nelle decisioni di politica estera, ma ancora troppo forte nei privilegi e la presa di decisioni in ambito nazionale che oltre a non dare più voce ai cittadini, spreca ingenti risorse pubbliche. Già il fatto che nella tribune politiche vi siano presenti quasi unicamente i candidati, dimostra il distacco della gente comune verso la politica. Il gioco poi del tempo scandito tramite una macchinetta che pone il quesito se valgano più i contenuti o i sermoni di stampo politichese che spesso annoiano i non addetti, giustificando il disinteresse sia nel voto come nell'approfondire i temi proposti. Non potendo poi scegliere liberamente i candidati ma quelli proposti direttamente dai partiti , mi chiedo se si possa parlare di libere elezioni. Guardando poi indietro negli ultimi decenni nei vari governi fatti di unioni e case delle libertà, ulivi, margherite, rose, garofani, loti, stelle alpine, grilli, delfini, colombe, soli ridenti, falci, scudi ed'altri ortaggi e mammiferi, l'Italia si trascina ancora oggi gli stessi problemi. I vari candidati parlamentari convinti come sono delle loro certezze per quanto riguarda la democrazia, sventolano al mondo intero questo loro principio. Ci imbevano di false moralità e tante promesse da illuderci che chi detenga il potere legislativo possa agire per i nostri interessi. Dato che non esiste un limite posto al potere legislativo, esso è destinato a degenerare. I padri stessi della democrazia ponevano per salvarla questa democrazia e libertà, dei paletti di divieto al potere legislativo. Affinchè l'individuo possa continuare ad essere libero di scegliere, occorre vengano indicate tutte le materie su cui non si deve emanare nuovi leggi. Inoltre ogni rappresentante dovrebbe avere un mandato che non vada oltre la legislatura stessa, dopodiché verrà giudicato in base al programma presentato durante le elezioni. Tutta questa democrazia odierna rischia di travolgerci, non diversamente da un despota dell'antichità o da un tiranno dei tempi moderni. Anche la democrazia può diventare un totalitarismo perchè tra un solo sovrano dispotico ed una maggioranza dispotica non c'è molta differenza. Questo impedimento al ragionamento dovuto alla manipolazione mediatica, fa si che le democrazie moderne siano un male. Noi dobbiamo solo obbedire alla maggioranza che ha imposto la legislazione. I cittadini non sono che sudditi della democrazia e non sono responsabili d'altro che dell'obbedienza. Una vera novità disinteressata da parte di un rappresentante parlamentare, sarebbe la proposta e lotta di diventare parte integrante a tutti gli effetti della società svizzera. Si parla invece ancora di noi come "ospiti", dopo più di 50 anni dalla prima generazioni di immigrati italiani! Nel frattempo la terza generazione a stento parla l'italiano, e possiede dalla nascita il doppio passaporto.
La vera realizzazione di un nostro sacrosanto diritto, sarebbe la possibilità di voto nel paese in cui viviamo e paghiamo le tasse, come qualcun'altro a proposto. L'emigrazione organizzata è destinata ad'estinguersi nei prossimi decenni quando la prima generazioni (mi si perdoni la durezza del termine) si sara estinta, ed è in quella prospettiva che io mi aspetto delle proposte rivolte al futuro. Ma essendo le associazioni e tutta la collettività organizzata rappresentata in maggioranza dalla prima e in parte dalla seconda generazione, come possono avanzare delle proposte nella direzione da me spiegate? Perchè mai certe proposte dovrebbe arrivare da dei parlamentari di rappresentanza del nostro paese di origine? A quale pro? Al massimo si parlerà di tasse sulla casa in Italia, dei corsi di lingua e cultura e sul voto all'estero conquistato dopo decenni di battaglie con il governo italiano, o di pensioni. Non conosco nessuno della terza generazione che sia interessato a queste problematiche. Parliamoci seriamente; tutto questo teatrino elettorale è unicamente per favorire dei singoli individui che fanno della politica il loro fine! Mi rendo conte di avere toccato e magari offeso molte persone che hanno fatto dell'associazionismo uno degli scopi della loro esistenza, ma senza offesa questa è la mia versione dei fatti. Vi sono poi associazioni senza scopo di lucro che meritano tutto il rispetto. In questo rientrano le varie categorie del tipo: Ambiente, formazione, infanzia, terza età, umanitarie ecc.. che entro i loro limiti sopratutto economici hanno fatto e ottenuto grandi risultati che non spetta a me elencare. Purtroppo la società è sempre più avida e orientata alla modalità dell'avere. I giudizi che formuliamo sono precostituiti, perchè viviamo in una società che si fonda sulla propietà privata, sul profitto e sul potere. Le norme secondo cui la società funziona (senza eccezzioni) plasmano anche i suoi membri e così il loro carattere sociale. ▲
Coloro che hanno proprietà sono oggetto di ammirazione e invidia, indipendentemente da come costui ha accumulato i loro beni o proprietà private (dal latino privare, portar via ad altri). Così oggi chi fa di queste affermazioni passa o per comunista, idealista o folle. Altro problema sui rifiuti a Napoli inserito in uno dei programmi dei candidati, come priorità assoluta è direi abbastanza paradossale per non dire ipocrita. Dopo quasi due legislature affidate al partito e casa delle libertà e in seguito all'Unione, l'unica libertà vista è stata di lasciare sempre più il controllo alla malavita organizzata, sia in quella regione come in altre su questioni ancora più seri tipo l'edilizia, il racket e vari traffici illeciti.
Adesso si vuole fare credere di avere a cuore il problema dei rifiuti, inviando magari carovane di treni merci verso la Germania e pagandoli poi a peso d'oro. Non vi è neppure credibilità nel sentire i rappresentanti di sinistra quando affermano di avere a cuore il problema della pace, quando nella guerra dei balcani fu il governo allora in carica stesso a inviare i contingenti per azioni cosiddette di pace (lo stesso dicasi per le atre guerre successive decise da stati o multinazionali più potenti del nostro). Sparlando poi di pace e giustizia i nostri candidati, tacciono spudoratamente che le vendite di armi nel mondo nel 2006 hanno superato i mille miliardi di dollari (834 miliardi di euro), il 34 per cento in più di 10 anni fa. Tale somma è 15 volte maggiore di tutti i soldi impegnati nel mondo in aiuti umanitari. Uno degli aspetti di maggior interesse è che il mercato delle armi è diventato più 'globalizzato', con produzioni sempre più spesso risultato di assemblaggi di componenti prodotte ovunque. Una situazione che consente di aggirare le leggi permettendo alle armi di raggiungere anche Stati sottoposti a embargo, o soggetti che violano le leggi internazionali e i diritti umani. Le stesse compagnie sono sempre più 'globalizzate', con strutture produttive delocalizzate, sussidiarie estere e joint venture in paesi dove la destinazione finale delle armi è spesso sconosciuta. Essendo i cinque maggiori esportatori mondiali, Russia, Stati Uniti, Francia, Germania e Gran Bretagna - i dominiatori della la scena globale, con l'82 per cento delle 100 principali aziende belliche, possiamo capire senza essere degli esperti che nessun'altro governo avrà voce in capitolo su quali guerre finanziare e tanto meno condannare o impedire. Quante risorse il governo italiano è disposto a dare per l'istruzione e la ricerca? Mentre noi lottiamo per 1 mio. di euro destinati all'istruzione in Svizzera, il governo Prodi per la militarizzazione, spende ben quattro miliardi di euro per la sola ricerca militare. Un'altro un'esempio di impotenza politica da parte dei nostri rappresentanti parlamentari riguarda il tema dell'integrazione. Ricordando la decisione di poche settimane fa del governo svizzero per quanto riguarda il pensionamento delle donne spostato ai 65 anni. Cosa potranno mai questi nobili parlamentari che ci parlano di problemi italiani, fare o agire per opporsi o perlomeno dibattere su questa delicata questione? Cosa significa poi rappresentare gli italiani all'estero? In quali questioni? Quali sarebbero le persone preparate come afferma un candidato, e preparate per fare che cosa? La demagogia risiede propio in queste affermazioni a noi così estranee. È come se dei rappresentanti parlamentari svizzeri volessero recriminare qualche diritto legislativo in Italia per i cittadini di nazionalità svizzera residenti in Italia. Cosa dire poi delle proposte di chi vorrebbe tramite i suoi punti concreti un'Italia per gli italiani all'estero? Qui si fa riferimento unicamente a vantaggi economici per le imprese e non ai problemi reali dei cittadini. Tutti che parlano di rinnovamento di volti nuovi di dare spazio ai giovani alle donne, mentre assistiamo al solito balletto delle poltrone distribuite ai soliti personaggi che come Veltroni in politica da oltre 20 anni parla di rinnovo. La vera rivoluzione nasce dal fondo del paese. Un paese cui noi vivendo all'estero conosciamo unicamente tramite le vetrine proposte da Mediaset e la RAI o le piattaformi digitali, le belle vacanze e qualche quotidiano locale e in parte internet. Ma chi di noi di seconda o terza generazione si interessa dei problemi degli italiani che vivono a malapena per tre settimane con uno stipendio al minimo delle possibilità. Perchè mai il governo italiano e i suoi rappresentanti in Svizzera dovrebbero aiutare noi che viviamo sicuramente in modo più agiato e stabile? Perchè dovremmo interessarci ai problemi italiani direbbero molti giovani e non, volendo ricorrere al divertimento per estraniarsi da una realtà difficile da capire e da vivere, cercando, a volte, di superare il limite del ludico, lasciandosi andare per accedere verso il rischio, la tentazione verso la sfida alla sorte, o la ricerca della violenza come atto di superiorità, di conquista, di padronanza sugli altri. E' secondo me un falso intellettualismo quello che asserisce che l'uomo è cosciente costruttore di civiltà, e cosciente costruttore del suo progresso. Tutto dimostra il contrario. Il vero protagonista della storia è l'ignoranza umana, il non avere idea di come andranno a finire le cose che cominciamo a fare. Il vero protagonista della storia è l'egoista ignorante, non il colto altruista che agisce in vista del bene comune. Questi, in forza della sua presunzione di sapere, non potrà che sbagliare. È il diritto inoltre la cornice entro la quale gli individui possono realizzare la loro volontà. Grande importanza è attribuita alla proprietà. In essa si determina non solo oggetti materiali e mezzi di produzione, ma anche la vita, la libertà ed infine i possessi veri e propri. Con la proprietà viene costruito il rango cui appartengono gli individui. È questa la chiave di lettura da adottare nel momento in cui eleggiamo un rappresentante politico.
Quali interessi difende costui? Vi è molta confusione da parte dei politici tra legge e legislazione ed essa diviene il modo per opprimere le minoranze e gli individui. Soprattutto la sinistra (socialisti in Europa, democratici in America) usano l'attività legislativa per attuare quell'autentico miraggio che è la giustizia sociale. In una economia di mercato come la nostra indipendentemente dal paese, destra, centrodestra, sinistra o centrosinistra il termine giustizia sociale o giustizia distributiva non può avere alcun significato. Mi chiedo perchè mai l'espressione di un concetto così errato ed impreciso sia di uso così frequente anche tra coloro addetti ai lavori che si riempiono la bocca nei loro programmi presentati nei periodi elettorali. Guardando i privilegi che attendono i candidati che riescono a farsi eleggere, mi chiedo inevitabilmente come possa non seguire una corruzione dei principi fondamentali. Aumentano le tasse e piovono sui gruppi sociali più chiassosi e meglio organizzati o rappresentati sussidi speciali, favori, privilegi di ogni tipo. E' anche una leggenda che siffatte maggioranze eseguano il reale volere della maggioranza degli elettori. In realtà nessuno vuole che tutto questo accada, tranne i beneficiari. Un governo siffatto poggia su un patto di gruppi e partiti, ognuno dei quali deve accontentare il suo gruppo particolare di elettori. Muore, per capirci, il mercato economico, soffocato dalla pianificazione assistenziale, e nasce il mercato politico, lo scambio di favori. E' la presenza di questo mercato politico la vera ragione per cui esistono associazioni di commercianti, imprenditori, artigiani, contadini e sindacati operai. Ognuno di questi opera per conquistare appoggi governativi. Mi auguro verrà un giorno in cui la gente considererà con lo stesso orrore l'idea di un insieme di uomini, pur autorizzati dalla maggioranza dei cittadini, dotati del potere di ordinare quanto gli aggrada, come oggi aborrisce molte forme di governo autoritario. La protezione dei deboli o delle classi meno favorite come gli immigrati, i giovani o gli anziani, interessano unicamente per attirare voti durante la campagna elettorale, dopodiché tutto come prima.. Credo che per essere veramente efficace, la giustizia sociale dovrebbe essere separata dal mercato, evitando così il rischio di venire corrotta dal il mercato. Deve avvenire fuori di esso. Non può essere inteso come una correzione del mercato. Sarei favorevole ad una totale separazione della previdenza sociale dall'assistenza. Cosa che in Italia è dura a morire, e che continua a produrre grossi livelli di ingiustizia reale in quanto viene caricata su una sola parte (i lavoratori dipendenti, gli artigiani, i commercianti, alcuni liberi professionisti) l'onere dell'assistenza ai più deboli, che invece è un problema di fiscalità generale. Rifacendomi in questo scritto ad un grande pensatore del secolo passato "Friedrich August von Hajek" che distingue tra ordine spontaneo ed organizzazione costruita, egli mostra come il costruttivismo razionalistico distrugga l'ordine spontaneo e con ciò le difese della libertà individuale; fa vedere che l'idea di giustizia sociale è un residuo di atavismo carico di pericoli per la nostra civiltà; mette il dito sulla piaga di quell'onnipotenza dei parlamenti delle attuali democrazie, su quel potere illimitato che le ha trasformate in tirannie; e propone un ordine politico di un popolo libero. (nel 1974 egli ricevera il premio Nobel per l'economia). Come l'economista sopra citato sono un convinto sostenitore di una società di uomini liberi e responsabili e quindi un nemico dichiarato di tutti i totalitarismi ed i paternalismi. Credo che totalitarismo e dittatura non sono sinonimi poiché vi possono essere totalitarismi di derivazione democratica, risultato di una degenerazione della democrazia stessa. Corro il rischio di non venire letto ne dai lettori della pagina, e tantomeno dai miei conoscenti e lettori del mio sito con queste follie controcorrenti in questo periodo in cui la politica italiana si sforza tra i vari schieramenti di proporre nuove strade con dei volti già visti, in cui dire il proprio pensiero equivale a non schierarsi essendo i contenuti dei vari parlamentari parte di un programma legato al partito di origine di chi si candida. Grillo dal suo sito strilla: "E' primavera, aprite le finestre della vostra mente. Pensate, riscoprite il piacere di pensare da soli. Tirate un respiro e guardate il cielo. Può perfino essere azzurro con le rondini. Torniamo ad essere il Bel Paese. Perchè no? Tutto è possibile, anche liberarci dalla classe di parassiti che occupa la politica e l'informazione. Quando sfilate nella marcia del V2 day scambiatevi un segno di pace con i vostri vicini nella fila. E' pieno di gente simpatica".
Io dico che il rapido miglioramento di tutti gli strumenti di comunicazioni infinitamente agevolate e sempre più efficienti, costringono a chi si vuole occupare di politica, oltre a mostrare il proprio sorriso nei manifesti, ed elencare il programma del proprio schieramento di proporre delle vere proposte reali che si basano sulla nostra esistenza qui in Svizzera. Il rapporto con le autorità locali, il diritto al voto mentre assistiamo a sempre più misure corcitive nei nostri confronti. Per questo dedichiamo poca credibilità ai parlamentari all'estero, perchè li sentiamo così lontani dai nostri problemi reali. Non serve essere antipolitico (non è questo il mio intento) o sparlare di cose che sinceramente non mi competono, ma la semplice constatazione che la politica non è più al servizio di noi cittadini ma nelle mani di chi già detiene il potere. Come dare il mio voto a chi sceglie la politica per difendere i propri interessi personali? Come potrà difendere i nostri di diritti, colui che per arrivare a tanto potere o monopolio ha calpestato ogni legge o moralità di cui tanto si imbevono i nostri politici. Sarei in aperta contraddizione con me stesso se mi aspettassi di trovare già oggi orecchie e mani disposte ad accogliere le mie riflessioni. Concludendo io non predico il non voto che sarebbe dare via libera allo sciacallaggio da parte di chi , ci vive e mangia sulla politica, ma l'eliminazione della demagogia durante le campagne elettorali. Anche il nostro cervello di elettori è immune dalle favole e sarebbe ora che ci venisse concesso più rispetto quando votiamo per i nostri dipendenti che ci rappresentano. Ho il sospetto che ho peccato di populismo e mi fermo con la solita citazione del filosofo: Meglio essere folle per proprio conto che saggio con le opinioni altrui. ▲